Fonte: Siracusa News |
La televisione crea l'oblio, il cinema ha sempre creato dei ricordi.
Jean-Luc Godard
Fonte: Siracusa News |
Fonte: Polo Bibliotecario Ferrarese |
Fonte: LettureSconclusionate |
Fonte: The Guardian |
Fonte:LettureSconclusionate |
Alessandro Sesto Fonte: LettureSconclusionate |
L'autore
Ieri sera al bar, fresco di wikipedia parlavo di Tolstoj credendo di fare la mia porca figura, quando la cameriera mi ha informato che nessuno più ritiene che un testo possa avere un autore definibile come individuo. Poi ha aggiunto che l'autore, se proprio se ne vuole parlare ma sarebbe meglio di no, è una sorta di composto magmatico formato dall'insieme delle rappresentazioni che il pubblico ha delle narratore; rappresentazioni determinate dal testo stesso, dalla posizione della critica letteraria, dall'interpretazione di ogni lettore effettivo, potenziale e immaginario, dall'ambiente sociale in cui viene prodotto e letto, dal vissuto infantile dell'impaginatore, dagli archetipi sognati dal correttore di bozze e da altre cose che, complice un eccessivo consumo di vino della casa, ricordo solo confusamente. A ogni modo è irritante: gli autori non esistono più e io a parlare di Maupassant, Austin e tutti gli altri come un fesso. Nessuno mi dice niente, sono sempre l'ultimo a sapere.Protestando comunque che tutto ciò mi era notissimo ho intanto indagato sulle fonti relative a questa sparizione dell'autore, così cambio bar e mi rifaccio un nome. Lei ha menzionato il libro di un certo Hix, lo ricordo perché era come il rumore del singhiozzo con la ics, e io avevo appunto il singhiozzo per colpa di quel vinaccio. Comunque il libro si intitola Morte d'autore, un'autopsia, o Autopsia della morte di un autore, insomma, l'essenziale è che l'autore è morto. Ho sorriso come a dire, ah certo, Hix lo conosco bene, ma la cosa non è così semplice, e bevuto l'ultimo me ne sono tornato a casa da solo con la mia ignoranza.Oggi quindi sono andato alla biblioteca comunale. Chiedo il libro, e la bibliotecaria a sua volta mi chiede l'autore, con tono assolutamente meccanico e privo di intenzione, come se fosse la domanda più ovvia possibile. Devono proprio pensare tutti che sono un deficiente. Ribatto che come è noto, l'autore non è certo una persona fisica, ma piuttosto, e a essere riduttivi, una descrizione approssimativa delle rappresentazioni mentali della figura narrante da parte dei lettori potenziali del testo. Mi risponde che se non le dico il nome dell'autore non può trovare il libro. Da non credersi. L'autorino con nome e cognome che scrive con la penna d'oca... intendo, siamo tutti adulti, abbiamo fatto le nostre, non c'è proprio motivo che ci raccontiamo storie. Niente l'impiegata è inamovibile. E tutti intorno che le danno ragione, come negli incubi. A questo punto credo che mi stiano mettendo alla prova.
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Napoli, 6 maggio 1999
Gentile Dottor Bersani,avrei potuto fare a meno di rispondere alla sua lettera del 4 maggio. Ma non le darò questa soddisfazione. Appartengo agli scrittori della "razza Orwell" (tanto vilipeso dal vostro Calvino nella lettera a Pampaloni), sempre pronti a bollare la human stupidity in nome della human decency.Sorvolo sulla sua curiosa e assai disinvolta comunicazione che dopo un anno avete deciso di pubblicare Salamov in una diversa collana, che rende superfluo il nostro dialogo con Sinatti. E' un piccolo monumento della vostra serietà editoriale. E Passo subito al merito della faccenda.Nella vostra attività editoriale passata (o che almeno tale sembrava) si potevano distinguere due filoni. Un filone, che chiamerò "della bella pagina", aveva consigliato Natalia Ginzburg a rifiutare il grande libro di Primo Levi [errore fu Pavese a rifiutarlo secondo quanto evidenziato in "Siamo Spiacenti"]; il secondo filone, che chiamerò "dell'impegno politico", aveva spinto Giulio Einaudi a vagheggiare un progetto di pubblicare le opere complete del famigerato Andrej Zdanov (proposito felicemente abbandonato a causa di sopravvenuti avvenimenti storici). Nessuno di questi filoni era accettabile per me e per Sinatti. Particolarmente il secondo, che però ho ritenuto estinto dopo il 1989, come mi fece capire il dottor Bo per invogliarmi ad accettare il vostro invito un anno fa. Quanto al primo filone, mi è difficile immaginare un lavoro, diciamo, sull'opera di Primo Levi che eviti di dare "un peso eccessivo" alle cose da lui descritte nei suoi libri. Così mi è difficile immaginare un lavoro su Salamov concentrato nella "discussione letteraria" a scapito delle argomentazioni storico-politiche. La verità (come sono quasi certo) è che nessuno di voi, dirigenti Einaudi, si è dato la pena di leggere i Racconti della Kolima, non dico tutti, ma almeno una decina. Se lo aveste fatto, sareste in grado di capire che il nostro dialogo, eccessivamente politicizzato e storicizzato secondo Lei, è un modestissimo e moderatissimo commento alla bomba contenuta nell'opera di Salamov. Una bomba che i lettori del vostro volume in preparazione non potranno non udire anche senza l'aiuto della prefazione di Sinatti e mia. Se lo avesse fatto Lei, si risparmierebbe considerazioni davvero prive di senso contenute nella sua lettera.Non crederà, spero, che il vostro verdetto ci costringerà a cestinare il nostro lavoro. Faremo tutto il possibile per pubblicarlo in italiano, naturalmente con una nota introduttiva che racconterà, per filo e per segno, la nostra disavventura con la celebre ( e meritoria, per usare la sua qualifica) casa editrice torinese.
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Fonte: Best5 |
Niente di meglio di un rifiuto
I rifiuti editoriali hanno una lunga storia, che non è stata finora mai raccontata in modo organico. Questo libro cerca appunto di raccontarla dagli anni venti a oggi in Italia, realizzando una controstoria o storia per così dire in negativo dell'editoria libraria, che volta a volta conferma o integra, corregge o contraddice la storia in positivo dei titoli pubblicati e delle relative strategie editoriali, o suggerisce angolazioni nuove di interpretazione, fa emergere meglio certi aspetti, induce a ripensamenti sulla storia stessa in un'ottica diversa, e per tutto questo risulta alla fine altrettanto significativa. Una controstoria che riguarda in modo specifico i testi o gli autori inediti di cui vien rifiutata la pubblicazione (anche se può venir rifiutata la richiesta di una seconda o terza edizione, naturalmente), e che esclude la produzione specialistica e scolastica. Una controstoria inoltre che analizza e ricostruisce vicende e casi anche noti, ma spesso non valorizzati, e lo fa comunque in una prospettiva nuova e con nuovi risultati. Derivandone così una sua complessiva e oggettiva originalità.Il tema del rifiuto va affrontato perciò fuori da quell'atteggiamento di condanna troppo facile e sbrigativo ( e talora interessato), che si ritrova periodicamente in articoli, pamphlet e saggi. Circola infatti da tempo un luogo comune parziale e fuorviante: l'editore potente, distratto, mercantile, conformista o crudele, che rifiuta il manoscritto dell'autore indifeso, incompreso, impotente e vittima. Certo, ci sono editori colpevoli di ingiustizie per superficialità e incompetenza, disordine o miopia, e ci sono apparati di selezione inadeguati, ma in generale il vittimismo degli autori non è giustificato, e anzi molto spesso un libro mediocre deve il suo successo proprio alle capacità promozionali degli editori tanto vituperati.
Fonte: Hitechweb |
Fonte: MyOpera |
Fonte: Le cronache di Lollo e altri eventi |
"Last Christmas I gave you my heart", il Natale scorso t'ho dato il mio cuore. "But the very next day you gave it away", ma il giorno dopo l'hai dato via.E' stato George Michael a lanciare definitivamente l'idea di riciclare i regali di Natale. Quel pezzo suonava e ancora suona ovunque durante le feste di fine anno. Era l'84, ma l'abitudine era già radicata da tempo, l'avevo visto con i miei occhi almeno dieci anni prima.
Allora, come oggi, in quei giorni di Dicembre scoprivi di avere familiari sconosciuti. Comparivano a tavola la sera della vigilie e li rivedevi direttamente l'anno successivo con i loro regali inutili. Poi c'erano i soliti parenti che trovavi la domenica pomeriggio a casa dei nonni, senza scampo.Rivedevi anche certi maglioni a fasce colorate spessi un dito, con il collo alto e pruriginoso, che davano, a me a mio fratello, un'aria - anzi, una mancanza d'aria - da lavoratori degli altiforni dell'Italsider (all'epoca era ancora lì a Bagnoli). Quei maglioni potevano avere un senso soltanto a casa mia dove non c'erano i riscaldamenti e faceva un freddo fetente. Invece sbucavano dai cassetti solo per i giorni di festa da trascorrere i trasferta, in case dove le temperature erano tropicali. Anche quel Natale, io e Ciro, Più piccolo di me di due anni, ci aggiravamo sudati, con gli occhi lucidi e le guance rosse come due palle, perfettamente mimetizzati con il multicromatico albero di casa di quello stronzo di mio nonno.Era alto ameno due metri e mezzo (l'albero non mi nonno) e aveva ai suoi piedi l'unica cosa che ci interessava di tutto quello che accadeva intorno.Ci giravamo intorno come guardoni sul ciglio di una spiaggia per nudisti. A volte pretendevamo ( a vuoto) di mangiare seduti lì, accanto ai regali, e nei momenti di défaillance di chi, a rotazione, ci controllava, provavamo a strappare un po' della carta natalizia che avvolgeva i pacchi segnai da un cartoncino con il nostro nome.
Avrei dovuto capire che quella mezza parola che Ciro aveva intravisto strappando la carta dorata del suo regalo nascondeva una fregatura: Ciccio. Che cazzo di regalo poteva iniziare con Ciccio?Fu drammatico.